Oggi Todra ha cominciato la giornata tentando di portarsi via una panchina. D’altra parte come resistere a un appetitoso ciuffo d’erba oltre la portata della corda?
Recuperato il nostro ciuchino, ci siamo spostate sul Camino aragonés – quello che arriva da Arles, quindi anche dall’Italia, e varca i Pirenei più a sud, al passo del Somport – per andare a vedere, almeno dal di fuori, l’Ermita de Santa Maria de Eunate, misteriosa chiesa ottagonale che si fa risalire al 1170, ed è quindi una coetanea della “nostra” chiesina di San Giovanni in Villa a Bolzano.
Ripreso il percorso e superata Obanos, siamo arrivate a Puente de la Reina, dove confluiscono tutti i cammini che vengono dalla Francia.
La città prende appunto per il suo ponte risalente all’XI secolo. Non è certo quale fu la regina che fece costruire il passaggio per agevolare il passaggio ai pellegrini che dovevano varcare il fiume Arga, se doña Mayor de Cadtilla o doña Estafania.
Un tempo il ponte era dotato anche di di tre torri difensive oggi scomparse. Ancora avanti verso Ciraqui, paesino arroccato sulla montagna, il cui nome significherebbe ” nido di serpenti”.
Abbiamo varcato un ponte romano
e più avanti quello sul rio Salado, le cui acque secondo il codex Calixtinus uccidevano i cavalli e attraversato i primi vigneti.
E poi, meraviglia delle meraviglie, abbiamo trovato un punto di book crossing nel nulla, accanto all’indicazione “Santiago 676 km”.
E finalmente abbiamo raggiunto Lorca dove passeremo la notte, dopo aver camminato per 25 chilometri, la media che ci piacerebbe tenere d’ora in poi.
A cena abbiamo ceduto alla gola: anziché il menù del pellegrino, stavolta piuttosto noioso, un assaggio di gazpacho condiviso, una fettina di tortilla di patate, una txistorra (continuavamo a leggere questo nome, eravamo troppo curiose, è un salume piccante) e una paella. Siamo ancora nella zona in cui gli assaggini si chiamano pintxos e non tapas e il pensiero è andato alla scena del film “Il cammino di Santiago” in cui discutono sulla definizione.