Verso Roncisvalle

20180920_091921Mercoledì,  il giorno della lunga tappa verso Roncisvalle. I cartelli indicano 20 km, alla fine scopriremo di averne fatti 26, con l’asino siamo state costrette a seguire la “alternativa suave” dopo il Col de Lepoeder, altitudine 1437, la più elevata nella prima parte del Camino.

Todra sembra una stella del cinema, tutti vogliono fotografare il nostro compagno di viaggio.

Ho continuato l’addestramento per diventare un’asinaia provetta con risultati alterni, riassumibili in: in salita Todra continuava a fermarsi, in discesa non si fermava mai. Francesca ha preso l’iniziativa e ho smesso di fare “il genitore permissivo”. Come dice lei, gli asini sono intelligenti e provano a vedere quanto gli si lascia fare.  Comunque nei tratti in cui abbiamo trovato il ritmo è stato un piacevole compagno, con la sua andatura ondeggiante.

Bellissimi i paesaggi, dal mare di nuvole in basso da cui spuntavano le cime, ai prati costellati di pecore,  ai pendii su cui correvano liberi i cavalli, una razza basca che ricorda i nostri avellinesi.

Il Camino stimola la fantasia imprenditoriale: la pausa l’abbiamo fatta ancora in Francia, nel punto del Camino dove un simpatico signore piazza ogni giorno un furgoncino dove vende anche il formaggio di pecora locale. Ci aveva visto camminare il giorno prima e non era riuscito a fotografarci, così ha rimediato sul momento.

E avanti, avanti, nei luoghi che la leggenda e forse la storia hanno visto passare i paladini di Carlomagno, la fonte di Rolando, e laggiù Roncisvalle che non arrivava mai.

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Ma dopo 10 ore eravamo finalmente là,  dove ci aspettavano un bel prato per Todra e due letti in camerata per noi. Abbiamo ritrovato le due coppie conosciute ieri, ci siamo salutati con il piacere con cui si rivedono conoscenze di ben più lunga data.

Sono andata alla messa e alla benedizione dei pellegrini,  impartita in tante lingue di cui l’italiano veniva subito dopo lo spagnolo. E poi la luce si è spenta lasciando illuminata solo la Vergine di Roncisvalle,  mentre risuonava in latino il “Salve regina”. È stato un po’ come sentirsi davvero fuori dal tempo, nella stessa dimensione di tutti i pellegrini che ci hanno preceduto in questi luoghi. Alla fine ho acceso una candelina per Achille; per tutti gli altri ci sarà tempo.

E poi a dormire,  mentre un po’ alla volta si spegnevano i chiacchiericci nelle tante lingue dei “peregrinos”.

 

 

 

 

 

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