Riconsegnata all’alba Todra a Fabienne, non senza qualche resistenta da parte del nostro ciuchino nel salire sul camion che l’avrebbe riportato felicemente alla sua fattoria, ci siamo concesse una giornata da turiste.
Come potevamo ripartire senza essere arrivate alla fine del mondo e aver visto l’Oceano?
E allora prima tappa a Muxía, dove tra gli scogli davanti al santuario della Virgen della Barca ho lasciato un ricordo di Achille. Mi sentivo un po’ come Tom alla fine del film “Il Cammino di Santiago”, perdonate la digressione filmica.
E poi a Fisterra, la finis terrae dove i pellegrini raccoglievano la conchiglia che era la prova di aver raggiunto la loro meta.
Francesca si è fatta ritrarre con la sua cintura con il motto “Per aspera ad astra”, adesso davvero può dire che merita di portarla!
Qui un tempo i pellegrini bruciavano gli indumenti usati per il Camino, simbolo di un nuovo inizio.
Il tempo ci ha regalato una mattina assolata, mentre tornava ad essere pioviso man mano che ci riavvicinavamo a Santiago.
Il tour continuava poi con altre soste, la cascata di Ezaro, dove mi ha impressionato molto di più la montagna, ancora spoglia dopo un incendio di tre anni fa.
E all’ultima tappa ci hanno svelato quello che ancora non sapevamo delle piccole costruzioni sopraelevate che continuavamo ad incontrare negli ultimi giorni del Camino e chec avevamo intuito essere dei granai o simili. Si chiamano hórreos, sul tetto portano la croce assieme a pinnacoli celtici, per unire per così dire la protezione cristiana con quella delle divinità pagane sul cibo là conservato. Oggi, essendo sotto tutela e non potendo essere abbattuti, vengono utilizzati per mille scopi diversi. Si trovano solo in questa parte della Galizia e nelle Asturie, quello che ci hanno mostrato è il secondo per dimensioni, 35 metri.
E poi il rientro a Santiago sotto la pioggia, per chiudere le valige e prepararci all’ultima notte in terra spagnola.