Doveroso aprire il resoconto di venerdì con un elogio per Francesca e Todra. Francesca per aver guidato il nostro compagno di viaggio giù per la discesa che abbiamo trovato tra Biskarreta e Zubiri, che per un asino bello carico di bagagli non è stata una passeggiata. Bravi entrambi, e grazie al signore francese (che abbiamo poi scoperto chiamarsi Gilles) che ha provvidenzialmente chiuso un cancello al momento del bisogno.
In quella discesa dal canto mio mi sono presa l’ennesimo “ma è una suora” – ma allora non succede solo nei campi medievali… – da una signora italiana in bicicletta che poco dopo, con meraviglioso tempismo, avrebbe voluto fermarsi a parlare con Francesca che aveva ben altro di cui occuparsi.
Raggiunta Zubiri con il suo antico Puente de la Rabia, su cui venivano fatti ritualmente transitare un tempo gli animali per proteggerli da quella malattia, abbiamo trovato un altro aiuto: un giovane e sorridente addetto alla pulizia delle strade che ci ha procurato la corda che stavamo cercando. Non ha voluto nulla, nemmeno un caffè: ha detto che la ricompensa è che noi riusciamo ad arrivare alla fine del nostro Cammino e che ce lo godiamo.
La strada è proseguita attraverso Larrasoaña verso Zubirian, dove contavamo di fermarci. Ahimé che delusione quando ci hanno detto che non c’era posto! Ma il gentile Michel, che era rimasto letteralmente affascinato da Todra e commosso dalla nostra storia, ha chiamato madre Marisol all’Albergue parroquial di Zabaldika, il villaggio successivo.
Raccolte le forze abbiamo lasciato alle nostre spalle altri 2,5 interminabili chilometri. Ne è valsa la pena, abbiamo conosciuto gli hospitaleros Manuel del Brasile e lo statunitense Charles, abbiamo ritrovato Gilles e sua moglie Anne e la coppia bulgara incontrata nel pomeriggio, attorno al tavolo a cena abbiamo fatto la conoscenza con altri ancora.
Poi, mentre Francesca si occupava di preparare la nuova corda per Todra, io ho partecipato alla meditazione. Certo, c’è stata una componente religiosa, ma eravamo pur sempre in una comunità di suore, però è stato interessante sentire le esperienze degli altri e le loro motivazioni. La signora di Taiwan che ha smarrito i compagni con cui era partita ma in compenso ha trovato una nuova compagna di strada, il ragazzo inglese che sta tentando di fare più strada possibile nei giorni a disposizione, la signora inglese che ha superato le sue paure e che ora non teme di fare il Cammino da sola, la coppia americana in cui l’uomo, dopo la precedente esperienza che ha lasciato in lui una profonda impressione, vuole rifarlo con “la sua migliore amica”, la domna con cui è sposato da 45 anni. E questo mi ha fatto pensare che di Achille mi manca anche questo, l’amicizia. Ogni volta le suore traducevano in inglese, francese e spagnolo perché tutti potessero comprendere, l’ho trovato un gesto gentile. Io, che ho raccontato del desiderio di Achille e di come tante persone ci abbiano donato parte del nostro equipaggiamento o ci abbiano affidato le loro pene, ho avuto il “privilegio” di tradurmi da sola. Sto usando tutte le lingue che conosco in questi giorni, possibilmente ben mischiate, una babele in cui mi trovo bene. A proposito, il titolo di oggi è un gioco di parole su Freundschaft, la parola tedesca per “amicizia”, che provo a rendere così: si chiama amici-zia, perché con gli amici si riesce a fare tutto. Anche il Camino di Santiago con un asino.